Julian NIDA-RÜMELIN, Democrazia e verità, Franco Angeli, Milano, 2015, pp. 122, € 17 Alessio Pizziconi

Questo lavoro di Nida-Rümelin, uno tra i più noti intellettuali tedeschi, rappresenta un’accurata analisi del rapporto tra i fondamenti normativi della democrazia politica. Alla luce di quello che accade nel mondo, la democrazia come forma politica e sociale, ma anche come forma di vita, negli ultimi anni è venuta a trovarsi nella morsa di un economicismo neoliberista da un lato e di un nuovo fondamentalismo culturale dall’altro. Nel caso europeo, invece di allargare istituzionalmente la responsabilità democratica alle politiche economiche e fiscali, gli Strati membri dell’unione europea si sottomettono ai dettami dei mercati finanziari globali. La politica minaccia di diventare un’appendice dei mercati economici e di perdere la sua forza plasmante democratica. Per questo, come sostiene l’autore, è di grande attualità una rinnovata riflessione sul rapporto tra democrazia e verità. D’altra parte, in svariate democrazie europee la prassi di governo all’insegna della democrazia dei partirti viene sostituita da una prassi di governo tecnocratica bastata sul sapere degli esperti. Questo pone la questione di principio di capire fino a che punto la democrazia nella sua forma parlamentare sia all’altezza delle sfide attuali e future.

Nida-Rümelin analizza il tema anche attraverso le teorie interpretative di grandi filosofi come Hobbes, Hegel e Kant, Rawsl e Locke. I quattro capitoli affrontano differenti aspetti del rapporto tra ragione filosofica e ragione politica, analizzando il complesso gioco delle regole della veridicità e della fiducia in politica. Che in democrazia si scambino argomenti, che si esprimano critiche e contro-critiche, è un fenomeno generalizzato che si può facilmente verificare a livello empirico in ogni assemblea civica, seduta parlamentare o puntata di talk show. In democrazia però la discussione degli argomenti e il ricorso alle buone ragioni svolgono un ruolo maggiore che in ogni altra forma di governo, con uno stretto rapporto tra la sfera politica e quella dei mass media: la prassi effettiva di una democrazia è deliberativa. E’ l’uso della ragione che legittima l’agire politico nella democrazia, non la continua approvazione di ogni singola decisione politica nel parlamento e nel governo. L’argomentazione esposta pubblicamente e il consenso alla fine conseguito nelle urne elettorali sono decisivi. Tuttavia il maggiore pregiudizio alla democrazia deliberativa proviene sicuramente dallo sviluppo dei mass-media, che concedono sempre meno spazio all’argomentazione politica ponderata e condotta in maniera articolata.

L’esito di un tale processo si può osservare paradigmaticamente in Italia, con il vertiginoso appiattimento dei programmi televisivi. Tutto questo viene analizzato sostenendo la tesi che la verità, la contesa circa il vero e il giusto in sede empirica e normativa, occupa in democrazia un posto centrale, e che questa tesi va difesa nei confronti sia dell’arbitrarietà propugnata dai postmoderni, sia dell’utopia libertaria del mercato universale.